il libro
In un contesto in cui la ricerca storica europea appare ancora fortemente condizionata da istanze maschili-bianche e le reti accademiche non sembrano certo distinguersi nell'investire sensibilità ed energie sulla storia dei soggetti "altri", quali le lesbiche sono indubbiamente, i lavori qui presentati assumono sicuramente una rilevanza particolare nel panorama storiografico.
Frutto di un lavoro corale sulle poche fonti e testimonianze di cui ancora si dispone, il volume si avvale dei contributi di alcune note storiche del lesbismo che si occupano di esistenze e resistenze lesbiche nell'Europa dei nazifascismi, includendo anche il franchismo spagnolo. La barra che si è scelto di apporre su "r/esistenze" sta infatti a indicare come per le lesbiche la stessa esistenza possa essere considerata una forma di resistenza (all'eterosessualità obbligatoria, alla cancellazione di sé e delle proprie passioni), ancor più in periodi di forzata "normalizzazione" di tutte le donne come furono quelli dei fascismi europei del Novecento. Ma la "resistenza" che trova spazio in questo libro è anche quella di lesbiche politicamente consapevoli, che fronteggiarono e combatterono con determinazione e coraggio le dittature di Mussolini, di Hitler e di Franco.
Nel volume vengono inoltre affrontate anche le questioni, spesso rimosse, relative alla "zona grigia" della sopravvivenza durante l'internamento e ai rapporti fra "asociali" e "politiche" nei Lager.

le curatrici
Paola Guazzo ha recentemente pubblicato il romanzo Un mito, a suo modo e curato con altre Il movimento delle lesbiche in Italia.
Ines Rieder dagli anni Novanta si occupa principalmente di ricerca storica. Suoi lavori sono stati pubblicati in diverse riviste internazionali.
Vincenza Scuderi è ricercatrice di Lingua tedesca e traduzione presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell'Università di Catania.



lunedì 27 dicembre 2010

R/esistenze lesbiche - la recensione di Umberto Brancia

Pubblicata sulla rivista "Confronti" (Per il dialogo inter-religioso)

R/esistenze lesbiche nell’europa nazifascista.
a cura da Paola Guazzo, Ines Rieder, Vincenza Scuderi
Ombre Corte, 2010, pp.190, Euro 19.00

La prima, istintiva reazione di chi finisce di leggere questo libro è quella di andare col pensiero all' attualità politica di questi mesi: omofobia diffusa, violenze e terribili battute dei nostri politici di governo, che usano l' isteria contro i gay a fini elettorali. La reazione è forse scontata, ma sana. La questione della persecuzione delle diverse identità omosessuali in Europa e nel mondo è troppo drammatica per ridurre le vicende italiane solo alle barzellette del premier.
Il volume contiene una raccolta di saggi di diverse studiose italiane e di cultura francese, austro-tedesca, e spagnola: gli interventi sono il risultato di difficili ricerche storiche sulle r/esistenze delle lesbiche in alcuni paesi europei durante il periodo nazifascista. Va spiegata innanzi tutto la difficolta di un tema storiografico come questo e la scelta del titolo con la barra all' interno della primo termine.
I saggi intendono descrivere le vicende di resistenza al fascismo di figure importanti del lesbismo europeo. Si tratta spesso di militanti politiche della Resistenza europea, oggi assai note. Si veda, ad esempio, il notevole saggio dedicato al campo di Ravensbrueck, in cui morirono 130.000 deportati, dei quali 110.000 donne. Marie- Jo Bonnet vi ricorda nomi celebri come quello di Germaine Tillion, militante politica ed etnografa, o Margarete Buber-Neumann, giornalista e scrittrice che intreccio un amore con Milena Jesenská, la donna della famosa relazione con Franz Kafka.
Ma nel libro non troviamo solo figure di personalità colte o politiche ( che spesso celavano le loro preferenze dietro una militanza ascetica), ma donne comuni che opposero alla repressione strategie di sopravvivenza individuale (compromessi, matrimoni di convenienza, prostituzione). Quindi non solo resistenze, ma esistenze concrete: il libro vuole essere il racconto lucido e commosso di percorsi di difesa della propria identità di genere in un' Europa autoritaria, nemica di ogni diversità.
L' analisi della condizione lesbica si intreccia con le vicende storiche e politiche dell' Europa tra le due guerre. In Germania, dopo la relativa situazione di liberta durante il periodo di Weimar, si stende progressivamente una cortina di intimidazioni, attività repressive e - dopo il 1940 - di deportazioni.
C' è da notare un dato che riguarda molti paesi europei. Ovunque veniva punita e perseguita l'omosessualità maschile, ma su quella femminile, si teneva un genere un comportamento diverso, vista anche la generale subordinazione della donna alla visione maschile: minimazzazione prima, persecuzione dopo. Si cancellò l' esistenza del soggetto lesbico, attraverso aggettivazioni che giustificarono la persecuzione: malate mentali, criminali, ebree, ecc.
Il volume raccoglie i primi risultati di un progetto di ricerca di studiose di vari paesi, per dare visibilità ad una storia taciuta. Ma le oppressioni che descrive sono un' onda nera che arriva sino ad oggi. Perciò va letto con lo sguardo rivolto ad un' attualità, piena di presagi sinistri. ( Umberto Brancia)

lunedì 22 novembre 2010

R/esistenze lesbiche a San Lazzaro di Savena (Bologna)

Fra gli eventi del FESTIVAL LA VIOLENZA ILLUSTRATA 2010 organizzato dalla Casa delle donne per non subire violenza segnaliamo che fino al 28 novembre, a San Lazzaro di Savena, sarà esposta la mostra fotografica “Noi, utopia delle donne di ieri, memoria delle donne di domani: quarant'anni di storia del movimento donne”. La mostra, voluta dall'associazione "Carlo Giuliani", si trova alla Sala di Città in via Emilia 92 ed è visibile dal lunedì al venerdì dalle 17 alle 20 e il sabato e la domenica dalle 15:30. Nello stesso luogo, il 26 novembre alle 18 verrà presentato saggio “R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista” a cura di Paola Guazzo, Ines Rieder e Vincenza Scuderi. Con Paola Guazzo ed Eva Mamini. Qui il programma del Festival: http://www.casadonne.it/cms/images/pdf/iniziative/2010/festivalviolenza_pro2010.pdf

venerdì 12 novembre 2010

R/esistenze lesbiche, articolo su "L'arena" di Verona


LIBRI. Presentazione al Circolo Pink

Le donne lesbiche
«cancellate»
dal nazifascismo

La curatrice Guazzo:«Situazioni ereditate anche nel dopoguerra»

«Realizzare questo lavoro non è stato semplicissimo perché questo è un tipo di storia che è ancora una pagina bianca, almeno in Italia». Lo ha affermato Paola Guazzo, una delle tre curatrici del libro «R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista» (pubblicato dalla casa editrice veronese Ombre Corte) durante la presentazione del volume al Circolo Pink in via Scrimiari.
All'incontro hanno partecipato anche Silvia Pasquetto, dell'Istituto veronese per la storia della Resistenza e dell'età contemporanea, e Novello Paglianti, docente di antropologia culturale all'università di Padova.
Durante l'illustrazione del libro, che raccoglie una serie di saggi scritti da storiche (italiane e straniere) del lesbismo e riguardanti in particolare paesi come Germania, Austria e Spagna, oltre che l'Italia, sono state evidenziate alcune differenze tra le nazioni sul trattamento riservato durante i regimi dittatoriali.
In Germania il noto Paragrafo 175 del codice penale puniva gli atti omosessuali tra uomini, non quelli tra donne che nemmeno considerava.
In Austria, è stato osservato, esisteva il Paragrafo 129 che, invece, sanzionava gli atti omosessuali tra donne: tale norma rimase in vigore fino al 1971.
Sono stati citati poi alcuni casi individuali di "r/esistenza", come quello della musicista olandese Frieda Belinfante, di origine ebraica e dichiaratamente lesbica, che partecipò attivamente alla resistenza olandese: per favorire la fuga degli ebrei falsificò documenti e, assieme allo scrittore gay Willem Arondeus, arrivò a distruggere i dati dell'anagrafe nazionale.
«Non è soltanto un libro che parla del passato» ha precisato Guazzo «ma anche di situazioni che hanno un'onda lunga pure a livello di comportamenti nel dopoguerra e sono attuali». Per la professoressa Pasquetto il testo presentato «merita molto rispetto per la fatica di gestire le poche fonti a disposizione».
Nella sede del Circolo Pink è stata anche inaugurata una mostra fotografica sulle donne deportate, curata da Azione Gay e Lesbica Firenze ed intitolata «Le SS ci guardavano: per loro eravamo come degli scarafaggi». La mostra è costituita da 12 pannelli espositivi con 77 foto che ritraggono donne discriminate, umiliate, torturate e uccise dai nazisti.
M.S.
"L'Arena", 10 novembre 2010

martedì 9 novembre 2010

R/esistenze lesbiche al Bookout di Pisa

Al Bookout di Pisa (prima fiera italiana del libro glbt)presentazione di R/esistenze lesbiche in occasione del dibattito su "Ebraismo e omosessualità". Con il rav Luciano Meir Caro della Comunità ebraica di Pisa e Paola Guazzo. Dalle ore 11 del 14 novembre, Stazione Leopolda, Pisa.

R/esistenze lesbiche a Reggio Emilia

R/esistenze lesbiche a Reggio Emilia
LIBRERIA INFOSHOP MAG6

via Sante Vincenzi, 13/a, REGGIO EMILIA

(laterale di Via Matteotti, zona Mirabello):

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SABATO 13 NOVEMBRE, ore 17:
R/ESISTENZE LESBICHE NELL’EUROPA NAZIFASCISTA.
(Ombre Corte, 2010

Presentazione del libro
curato da Paola Guazzo, Ines Rieder, Vincenza Scuderi

alla presenza di PAOLA GUAZZO.
Introduce ALESSANDRA FONTANESI di Istoreco.

venerdì 22 ottobre 2010

R/esistenze lesbiche - La recensione di Francesca Palazzi Arduini su "A"

Non puoi fermare il vento: la vita delle lesbiche durante il nazifascismo.

di Francesca Palazzi Arduini

"La ragione per la punibilità della sessualità lesbica è data dal (...) ribaltamento del naturale sentire delle donne, dall'alienazione che così si viene a provocare rispetto al loro naturale destino di mogli e di madri e dall'alterazione e dal danno alla vita della comunità nazionale che così si vengono a produrre". (Rudolf Klare, giurista e sergente SS, 1937).

Questa citazione, tratta dal saggio di Claudia Schoppman presente nel recente "R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista" (Ombre corte 2010), oltre a somigliare in maniera scontata ma inquietante alle teorie della destra cattolica italiana attuale, ci introduce al discorso della punizione dell'omosessualità durante il nazifascismo. Punibilità che ha differenziato i gay dalle lesbiche: solo in Austria infatti le lesbiche sono state nominate nel paragrafo 129 del codice penale (attivo sino al 1971!), mentre in Germania il paragrafo omofobo 175 (attivo a est fino al 1957 ed a ovest sino al 1968) non nominava le donne. Anche l'Inghilterra, oltretutto, si è distinta per la penalizzazione dell'omosessualità, ma parlamentari conservatori non riuscirono, nel 1921, a introdurre la punibilità anche per le donne.


L'invisibilità delle lesbiche continua quindi anche durante il più cruento delirio di normalizzazione europeo. Come esseri non inclusi nel bestiario e invisibili anche allo specchio, noi lesbiche indirizzate ai campi di concentramento veniamo definite in altro modo: ebree, asociali, prigioniere politiche, prostitute... . "..Il pericolo di venire denunciati per -atti osceni- era maggiore per gli uomini che per le donne. Da un lato, perché gli uomini spesso cercavano i partner nei parchi o nei bagni, il che portava a numerose delazioni. Dall' altro lato, perché gli atti sessuali compiuti dalle donne, al contrario, si svolgevano generalmente in spazi domestici, cosa che offriva loro grande protezione."

La repressione dell'omosessualità in Germania era iniziata più crudamente verso la fine degli anni di Weimar, poi, nel 1933, vennero chiusi tutti i locali "sospetti", con pubblicazione sulla stampa degli indirizzi vie tati. Solo nel 1936, brevemente, si riacconsentì l'apertura dei locali berlinesi per dare l'impressione durante le Olimpiadi che la città non fosse sotto il maglio della censura.


La diffusione e naturalezza del desiderio produce esistenze differenti in ogni classe sociale, così gli esempi, faticosamente tratti dagli archivi e confluiti in questi preziosi otto saggi, sono infiniti: dalle lesbiche ebree alle donne internate nei campi come asociali, alle intellettuali a quelle prive di formazione politica, alle "julot" lesbiche, donne che nei campi di concentramento usano il proprio corpo per ottenere migliori accomodamenti. Lotta politica e lesbismo si scontrano in un'atmosfera di guerra che, se da un lato favorisce l'uscita delle donne dai ruoli predefiniti (aumento del numero delle operaie, vita militare ecc.), dall'altro stigmatizza in tutti gli schieramenti l'esibizione dell'orientamento sessuale, anche nella Resistenza: lo racconta Raquel Osborne nel suo saggio "Le monache rosse. La visione delle prigioniere politiche rispetto alle relazioni lesbiche nei campi di concentramento nazisti e nelle carceri franchiste": "Tra di noi, la compagna stessa che viveva l'esperienza del lesbismo si emarginava da sola (...)", oppure, come per smentire l'ideologia del "rosso degenerato" diffusa dai franchisti, esse venivano segregate dalle loro stesse compagne, le "monache" dedite anima e corpo alla causa del loro partito.

Il pericolo posto in causa da donne che si sottraggono per istinto all'economia sessuale maschile, dicevamo, non è nominato o a seconda dei casi incluso dai nazisti in un maniacale compendio di biopolitica, che include le lesbiche prive di risorse mimetiche (escludendo quindi quelle che si proteggevano con matrimoni combinati) in una strategia di segregazione "sanitaria"che le accomuna alle donne mentalmente sofferenti, a vagabonde e renitenti al lavoro, a coloro che trascurano la casa e la famiglia. Tutte "incorreggibili" che venivano sottoposte a durissime punizioni corporali, iniezioni di apomorfina e sterilizzazione coatta.

E' una scelta giusta e significativa che le autrici abbiano scelto per questo libro la parola R/esistenze, perché, come spiegano nell'introduzione, la nostra stessa vita era (ed in molti casi è ancora) una resistenza ai tentativi continui di negare il nostro stesso essere al mondo.

A queste sorti si sottrassero le tante donne volontariamente esiliate che condussero tra l'altro importanti ruoli nella Resistenza, come l'affascinante Mopsa Sternheim, arrestata nel 1943 a Parigi, torturata dalla Gestapo (estrazione dei denti), la quale per resistere moralmente al campo, nel quale si distinse per la forza e la cura delle compagne malate... faceva a mente la lista dei suoi amori e delle loro qualità.
Mentre la Kripo, la"Centrale del Reich per la lotta all'omosessualità e all'aborto" compiva il suo sporco mestiere, le lesbiche sopravvivevano anche grazie al Sistema, come racconta una lesbica berlinese che, trasferita in una piccola azienda del nord ricorda: "Ai tempi del nazismo ho vissuto i flirt più incantevoli della mia vita. E per giunta durante il servizio obbligatorio al deposito di munizioni...".


Tanti i preziosi contributi del libro per quello che riguarda le lesbiche italiane: l'annotare l'esistenza lesbica nelle citazioni brevi e spesso vaghe degli intellettuali d'allora (Mario Tobino, Luce d'Eramo, Gianpaolo Pansa, Vasco Pratolini, Enzo Biagi), la sottolineatura del rapporto tra lesbiche italiane e istituzioni culturali proto-femministe del tempo, ed anche sportive, come l'Accademia di educazione fisica femminile di Orvieto fondata nel 1932 per volere fascista e diventata per contrappasso un punto d'incontro delle lesbiche integrate e amanti della... fitness. Quando si dice: non puoi fermare il vento.

mercoledì 20 ottobre 2010

Recensione di R/esistenze lesbiche su "A" di novembre

E'uscita su "A", rivista di anarchia, una recensione di R/esistenze lesbiche, a cura di Francesca Palazzi Arduini (già Dada Knorr per le lettrici della "Bollettina del Cli"). Trovate la rivista anche nelle librerie Feltrinelli.

Presentazione R/esistenze lesbiche al circolo Pink Verona, 6 novembre 2010

sabato 6 novembre - ore 19.00
Circolo Pink / Istituto veronese per la Storia della resistenza e dell'età contemporanea/ Ombrecorte
vi invitano alla presentazione del libro
R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifasciata
a cura di Guazzo, Rieder e Scuderi
ed.Ombre Corte 2010


Intervengono:
Paola Guazzo curatrice del libro
prof. Sivia Pasquetto IVSR
Intruduce il libro Novello Paglianti Università di Padova

a seguire aperitivo e cena

la presentazione del libro sarà presso al sede del circolo pink in via scrimiari 7 Verona

sabato 18 settembre 2010

R/esistenze lesbiche - la recensione di Carla Cotti su "Liberazione"

R/esistenze lesbiche - la recensione di Carla Cotti su "Liberazione"
"R/esistenze lesbiche"
vite non conformi
nella bufera nazifascista

Carla Cotti
All'avvento del Terzo Reich, K. vive già da anni con una compagna. Cominciano i guai. Alla padrona di casa chiedono se sa qualcosa sulla sua vita intima. Il caporedattore le ingiunge di sposarsi, pena la perdita del lavoro. K. decide una soluzione di copertura: con la compagna, si metterà a vivere insieme a una coppia gay. I quattro affittano un grande appartamento. Ma non basta. Il portiere-spia del partito non è convinto: «Non potete certo vivere more uxorio, non è gradito al Führer». Unica via di scampo: due matrimoni eterosessuali.
1938. Il questore di Roma chiede all'apposita Commissione provinciale il confino per Agata: «…la prostituta F. Agata in oggetto essendo affetta da una gravissima forma di ninfomania, è dedita a rapporti lesbici con altre prostitute e sottopone, a quanto sembra, a esosi sfruttamenti quelle pervertite sessuali che con essa hanno rapporti». Per Agata scattano tre anni di confino, in provincia di Nuoro.
Rosa Jochmann, nata a Vienna nel 1901, operaia, sindacalista, segretaria della sezione femminile e componente della direzione del Partito socialista austriaco, poi in clandestinità con il gruppo dei socialisti rivoluzionari, nel 1940 viene deportata (con l'annotazione "Ritorno indesiderato") a Ravensbrück. Liberata nel 1945, entrerà in Parlamento, sarà presidente della sezione femminile del Partito socialdemocratico e infaticabile testimone degli orrori nazisti. Ma nel 1949 una compagna di prigionia scrive al presidente della Repubblica Leopold Figl, denunciando che a Ravensbrück Rosa era nota come Mutti (mamma) e aveva una compagna soprannominata Vati (papà), che Vati aveva insidiato sua figlia provocando scenate di gelosia da parte di Rosa, che Rosa e il suo seguito lesbico rendevano la vita difficile alle altre prigioniere e godevano di privilegi per esempio sulle razioni alimentari, che Rosa si era presa cura delle prigioniere più giovani al solo scopo di sedurle. Rosa si difenderà disperatamente da queste accuse, scrivendo a sua volta al Presidente della Repubblica e chiedendo ad altre reduci di Ravensbrück di prendere posizione a suo favore: ripeterà che il sospetto di lesbismo al campo colpiva tutte le amicizie, che non ha mai sentito il soprannome Vati, che non può sopportare la calunnia di aver abusato di bambine, mentre i discorsi sul lesbismo non le interessano, la «lasciano indifferente».
Sono solo tre delle storie citate nella raccolta di saggi a cura di Paola Guazzo, Ines Rieder e Vincenza Scuderi R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista in libreria per l'editrice Ombre corte di Verona (pp. 190, euro 19).
Cosa sappiamo dell'esperienza delle lesbiche europee negli anni Venti e Trenta? Molto poco, almeno in Italia. Gli studi sul tema sono stati aperti, per quanto riguarda il nostro Paese, da Fuori della norma. Storie lesbiche nell'Italia della prima metà del Novecento, a cura di Nerina Milletti e Luisa Passerini, uscito per Rosenberg & Sellier solo nel 2007. Tra le cause di questo vuoto, la reticenza della storiografia, anche quella femminista, come evidenzia Paola Guazzo nel suo contributo - l'unico dedicato al nostro paese - "Al ‘confino' della norma". Da qui l'importanza di questo progetto collettivo, che ha lanciato le sue reti in giro per il continente, per poi tradurre e presentare saggi editi e inediti di ricercatrici di area austro-tedesca, francese e spagnola, e ne ha prodotti di originali. I contatti avviati con studiose ungheresi, polacche ed ex jugoslave non hanno prodotto per ora lavori sulla realtà di quei paesi, così come non è stato possibile trovare traccia di lesbiche combattenti in unità partigiane, ma scrivono le curatrici, «restiamo convinte che questo non significa che non siano esistite».
In rapida carrellata, il volume illustra l'esperienza delle lesbiche tedesche dall'impero alla fine della seconda guerra mondiale (Claudia Schoppmann), la loro situazione sotto il nazismo (Ilse Kokula, saggio del '92, uno dei «testi pionieri» sul tema), l'opzione dell'esilio (Vincenza Scuderi) e un caso emblematico di persecuzione politica (Ines Rieder sulla figura di Mopsa Sternheim), la vita lesbica in Austria tra gli anni Venti e i Trenta (di nuovo Rieder), quella nell'Italia fascista (Guazzo, già citata) e l'immagine del lesbismo tra le internate: a Ravensbrück, vista soprattutto con gli occhi delle prigioniere politiche francesi (Marie-Jo Bonnet, parte di uno studio più ampio sulla solidarietà nei campi, che affronterà anche Auschwitz-Birkenau), e nelle carceri franchiste, con gli occhi delle prigioniere politiche spagnole (Raquel Osborne).
Primo impegno del lavoro, ovviamente, quello di ricostruire e informare: modalità della repressione e forme possibili di interstiziale libertà delle lesbiche nei diversi paesi e situazioni non sono certo argomenti che, almeno in Italia, si studino a scuola. Rendere patrimonio comune la semplice nozione che l'olocausto riguardò, oltre gli ebrei e i "politici", anche rom e omosessuali è già un processo faticoso: ma quante/i sanno che i "triangoli rosa" che condannarono i gay riguardarono assai poco le lesbiche, molto spesso deportate, torturate e uccise con la stella gialla (tante erano anche ebree) o nero (riservato agli "asociali")?
Ma la raccolta è percorsa anche da un secondo impegno, dichiarato da Guazzo: quello di affrontare le "zone grigie". Scrive Guazzo: «Il nostro libro, in particolare nell'intervento di Marie-Jo Bonnet, affronta alcune pratiche di complicità attuate da lesbiche verso il potere nazifascista nella situazione limite del lager. Mi sembra importante che, in linea con i più recenti esiti della ricerca europea, anche in Italia cominci a esprimersi una storia lesbica non limitata da zone grigie di silenzio. Se alcune biografie contraddicono in parte o completamente quella che forse è una residua "mitologia dell'oppressa" non per questo ha senso che queste siano cancellate dalla memoria o coperte di omissis».
Ecco allora l'enigma delle julot di Ravensbrück, figure assai poco chiare di prigioniere stigmatizzate e temute dalle altre: per il loro lesbismo, ma anche per i privilegi alimentari e vestimentari guadagnati con la prostituzione e la disonestà e concessi ad altre internate pare in cambio di favori sessuali, e per il loro status di kapo. La definizione è usata dalle sopravvissute francesi, tutte prigioniere politiche, e si applica a tedesche in larga parte prigioniere comuni, intrecciando lesbofobia e antinazismo. Un fenomeno paragonabile a quello che si registra, in maniera più chiara ed eclatante, tra le prigioniere politiche nelle carceri franchiste: per sopravvivere a decenni di reclusione le repubblicane, e in particolare le comuniste, concepiscono e applicano una disciplina sessuale ferrea, che esclude drasticamente in quanto forma di debolezza, e quindi di vulnerabilità di fronte agli aguzzini, l'esperienza lesbica (come anche l'autoerotismo). La prigioniere che si macchiano di queste trasgressioni alla morale collettiva vengono radiate dalle attività di studio e elaborazione politica comune che sono la principale fonte di resistenza delle prigioniere e definitivamente espulse dalla cellula di partito. Esperienza di repressione e autorepressione del lesbismo da parte di militanti antifasciste che paradossalmente mutua e rinforza quella del regime che combattevano. Un allineamento tragico, che più tardi qualcuna di queste "monache rosse" almeno in parte rimpiangerà: «Voglio dire che abbiamo voluto essere pure, pure, pure, però oggi ti deprime pensare che la cosa più umana sarebbe stata quella di non essere tanto rigide (…) Perché oggi è una cosa che si giustifica, che si difende, il fatto dell'omosessualità, ma noi allora lottavamo ferocemente contro questo (…). Nonostante ciò, continuo a credere che fosse abbastanza giusto».
Ecco, basterebbe il cono di luce acceso su realtà oscure come queste per giustificare R/esistenze lesbiche e augurarsi che l'esplorazione iniziata prosegua e si allarghi a raggiera. Tanto più che, come scrivono le autrici, "«a barra posta su r/esistenze indica che per le lesbiche la stessa esistenza può essere considerata una forma di resistenza (all'eterosessualità obbligatoria, alla cancellazione di sé e delle proprie passioni), vieppiù in periodi di forzata "normalizzazione" di tutte le donne come furono quelli dei fascismi europei del novecento. Trovare tracce di chi è "semplicemente" esistita è un lavoro difficoltoso tanto quanto lo è scrivere la storia di chi ha resistito».

da "Liberazione"
18/09/2010
http://www.unilibro.it/find_buy/Scheda/libreria/autore-non_specificato/isbn-9788895366647/r_esistenze_lesbiche_nell_europa_nazifascista_.htm

mercoledì 8 settembre 2010

R/esistenze lesbiche - la recensione di Daniele Salerno

http://centrotrame.wordpress.com/2010/09/06/storia-della-persecuzione-delle-lesbiche-sotto-il-nazifascismo-la-fine-di-una-damnatio-memoriae/

Storia della persecuzione delle lesbiche sotto il nazifascismo: la fine di una damnatio memoriae?

6 settembre 2010
di Daniele Salerno

Di R/esistenze lesbiche nell’Europa antifascista – raccolta di saggi a cura di Paola Guazzo, Ines Rieder e Vincenza Scuderi – ci eravamo soffermati qualche mese fa in occasione della giornata che ricorda i fatti di Stonewall. Il libro arriva a tre anni dalla pubblicazione del primo lavoro sulla storia lesbica italiana e a due dal primo convegno sull’argomento, come ci ricorda Guazzo nel suo saggio. Si tratta quindi di uno dei primissimi frutti di un lavoro storiografico e di ricerca che, a 65 anni dalla fine della Seconda Guerra mondiale è, almeno per l’Italia e la Spagna, ancora agli inizi.

Gli otto saggi raccolti fanno proprio il punto sull’indagine riguardante la storia delle lesbiche in Germania, Austria, Spagna e Italia (con frequenti riferimenti alla situazione francese) che seguono in particolare due direzioni: la raccolta e lo studio della testimonianza nelle sue varie forme (in una corsa contro il tempo, per quanto riguarda le testimonianze orali, vista l’età avanzata delle superstiti) e quello delle forme istituzionali assunte dall’oppressione esercitata verso le lesbiche.
Com’è possibile che gli studi e le ricerche di storia del lesbismo siano cominciati con tanto ritardo? Dalla lettura dei saggi raccolti in questo libro – e in particolare di quelli di Schoppmann e Kokula che ricostruiscono la storia delle lesbiche in Germania dall’Impero alla Seconda Guerra mondiale – possiamo avanzare una ipotesi: la legislazione nazista, non prevedendo esplicitamente un paragrafo del codice penale contro le lesbiche, ha funzionato di fatto come una forma di damnatio memoriae da cui solo ora si sta uscendo.

La rimozione del soggetto lesbico nella legislazione nazista ha prodotto infatti due conseguenze: dal lato del lavoro dello storico ha prodotto la difficoltà di riconoscere e tracciare, a partire dai documenti, una storia delle lesbiche sotto i regimi nazifascisti, dato che questo soggetto, al contrario dei gay nominati come 175 (paragrafo del codice penale tedesco contro l’omosessualità maschile), giuridicamente non esisteva; dall’altro lato il sistema classificatorio giuridico e concentrazionario nazista ha modellato il sistema classificatorio della giustizia di transizione: chi non era esplicitamente nominato nei documenti e nelle forme classificatorie dei campi di concentramento (i triangoli di vario colore, tristemente noti) ha avuto difficoltà nel dopoguerra a costituirsi ed essere riconosciuto dagli stati europei come vittima dei regimi nazifascisti. Da qui i ritardi nel riconoscimento: solo nel 1987 nel parlamento di Bonn furono ascoltate delle vittime del Nazismo nella loro qualità di lesbiche; e solo nel 1996 in Francia alla Fondazione per la Memoria della Deportazione venne dato il compito di vagliare la storia dei soggetti omosessuali durante Vichy.
La raccolta di saggi oltre a costituire un corpus di studi fondamentale per costruire una solida storiografia lesbica ha, a mio avviso, anche un altro grande pregio: la prospettiva europea e transnazionale, come dimostrano le nazionalità delle autrici dei saggi. Questo ha permesso di vedere quanto lo stigma dell’identità lesbica fosse interiorizzato sia dalle stesse lesbiche sia dalle militanti antifasciste in chiave antitedesca. L’analisi e lo studio dell’universo concentrazionario di Ravensbrück – di Bonnet e di Osborne – il più grande campo di concentramento femminile nazista, mette proprio in evidenza quanto l’identità lesbica fosse un’ombra da proiettare continuamente, da parte francese e spagnola, sul nemico tedesco.

Se dobbiamo individuare un limite che purtroppo si avverte nella lettura di questa raccolta è proprio la mancanza di sistematicità e di una visione che tenga unito il quadro generale. Se si eccettua il tentativo di Guazzo di tracciare una tipologia delle esistenze lesbiche in Italia, spesso si percepisce un accumulo di storie e di particolari da cui non si riesce a ricavare una visione d’insieme. Un limite forse proprio dovuto alla scarsità di opere teoriche generali su cui appoggiare questi saggi. D’altra parte questo rischio pare essere già previsto dalle stesse curatrici: l’obiettivo che queste si pongono è appunto fare massa critica di ricerche e lavori al fine di avviare e fare crescere questo nuovo filone di ricerca. R/esistenze lesbiche quindi passa il testimone, e i suoi testimoni, a chi vorrà seguire, nella costruzione di un campo di indagine di cui questo libro, tra i pochi, ha il merito di tracciare i contorni.

R/esistenze lesbiche nell’Europa nazifascista
a cura di Paola Guazzo, Ines Rieder e Vincenza Scuderi
Ombre Corte, 2010
pagg. 190

giovedì 22 luglio 2010

R/esistenze lesbiche - La recensione di Agorà e TraMe

Ecco la recensione di Agorà, blog gay di Verona:
http://agoralgbtq.blogspot.com/2010/07/resistenze-lesbiche-nelleuropa.html

Inoltre segnaliamo un rimando al testo nel blog di TraMe
Centro di studi interdisciplinare su memorie e traumi culturali nell'ambito dell'Università di Bologna:
http://centrotrame.wordpress.com/2010/06/26/giornata-dellorgoglio-gay-e-riscritture-della-memoria/

martedì 13 luglio 2010

R/esistenze lesbiche- La recensione di Luisa Passerini su "Il manifesto"

da "Il Manifesto", 11 luglio 2010

Pratiche di desistenza per vite messe all'indice
La persecuzione delle lesbiche durante il nazismo
di Luisa Passerini

Pregi di questo libro sono la dimensione sovranazionale - i casi trattati si riferiscono all'Austria, alla Germania, alla Spagna e all'Italia - e la documentazione di molte vite di donne, spesso nei campi di concentramento, attraverso fonti di varia natura. Vengono infatti presi in considerazione documenti da atti processuali, memorie autobiografiche, testi giuridici, codici, testimonianze orali, testi letterari e teatrali. Giustamente lamentano le curatrici che molti archivi, come quelli ungheresi, sono ancora inaccessibili, il che limita fortemente la ricerca storica. Nello stesso tempo, non è soltanto quest'ultima che viene limitata, ma anche l'universo della commemorazione, che sta assumendo una dimensione sempre più fortemente europea, nel quale però le figure delle lesbiche non sono ancora presenti in maniera adeguata.
La barra che compare nel titolo indica che per le lesbiche non è possibile semplicemente esistere, che le loro scelte sessuali ed esistenziali implicano sempre anche qualche forma di resistenza, in particolare per quanto riguarda la vita in ambiti totalitari. Il concetto di resistenza assume in tal modo una dimensione quotidiana e culturale, che amplia la concezione della politica e la spinge a confondere i confini tra pubblico e privato. Il tema del rapporto tra esistenze e resistenze è esaminato in particolare nel saggio di Paola Guazzo, che usa termini significativi come «'modi' di esistenza delle lesbiche italiane durante il fascismo», «'sopravvivenza' associativa femminile» e «pratiche di complicità» verso il potere nazifascista, altrettante espressioni che indicano la complessità delle forme di vita nella situazione dei soggetti di regimi totalitari.
Su questa linea, gli aspetti più interessanti della raccolta sono quelli in cui la contestualizzazione storica del concetto di lesbica viene problematizzata e complicata. Così Vincenza Scuderi sottolinea che non fu il lesbismo la causa prima dell'esilio e della persecuzione di molte donne da parte del regime nazista, ma «piuttosto una commistione assai più esplosiva fra lesbismo, impegno politico e, talvolta, origine ebraica». Parecchie delle donne considerate nel libro infatti erano ebree e in quanto tali oggetto di molteplici forme di discriminazione. Scuderi indica quindi che sembra emergere non tanto un soggetto lesbico individuabile univocamente come tale, quanto piuttosto un atteggiamento queer, dove «la scelta di identità sembra situarsi in un crinale intermedio, realizzandosi in diverse forme e possibilità quasi contemporanee».
Un contributo di rilievo in una direzione simile è il saggio di Marie-Jo Bonnet, che decostruisce acutamente la connotazione denigratoria di julot nel contesto del campo di concentramento di Ravensbrück. Il termine sembra a tutta prima indicare le «pappone» tedesche, ma in conclusione della sua analisi l'autrice può avanzare l'ipotesi che fosse l'intero campo della sessualità tra donne a venire accomunato sotto quella definizione, associando l'omosessualità e la prostituzione. Tuttavia Bonnet si domanda anche se la figura della julot non sia una specie di cortina fumogena dietro la quale potessero essere vissuti sentimenti d'amore. Un intrico di passioni, calunnie, odi emerge infatti in parecchi saggi, svelando casi di lesbicofobia, soprattutto da parte delle recluse politiche; è questo mondo dell'intersoggettività sofferente e conflittuale in situazioni estreme che dovrà essere ulteriormente studiato e compreso in prospettiva storica.
Un ulteriore punto di interesse è quello in cui la dimensione comparativa tra i diversi paesi viene tematizzata, come accade direttamente soltanto nel saggio di Raquel Osborne, che addita le molteplici somiglianze fra due istituzioni totali: il mondo dei campi di concentramento nazisti per donne e le carceri femminili spagnole del primo periodo franchista. Osborne prende avvio da un'impostazione foucaultiana, nel senso di una concettualizzazione della micropolitica e della penetrazione nel tessuto sociale del dispositivo della sessualità, individuando nell'autorepressione sessuale una linea di difesa fondamentale. Ciò appare di particolare rilevanza al fine di rompere le barriere tra le istituzioni separate e la società nel suo complesso, in special modo, ma non soltanto, durante i periodi di repressione totalitaria. In una direzione simile vanno le ripetute sottolineature, nel corso del libro, della similarità del destino tra donne che compivano scelte lesbiche e donne di cui non si conoscevano le scelte sessuali o che mettevano in atto scelte eteronormative. Può essere intesa in questo senso per esempio l'osservazione di Vincenza Scuderi secondo cui il grande successo del film Mädchen in Uniform (Ragazze in uniforme) del 1931 era stato decretato da un pubblico amplissimo e non esclusivamente omosessuale.
Dalle pagine di questo libro emerge una folla di donne note e poco note, da Margarete Buber-Neumann, la scrittrice comunista amica di Milena Jesenská, che ha testimoniato nel libro dedicato a quest'ultima sulle relazioni d'amore tra le donne nel campo di Ravensbrück, all'attrice di origine tedesca Dorothea Neff che salvò la vita di una costumista ebrea che rischiava la deportazione, nascondendola nella propria casa a Vienna. Tuttavia, in molti saggi l'intento documentario sopraffà ancora la potenzialità analitica, privilegiando un approccio storico descrittivo che punta soprattutto sulla rivelazione di storie finora inedite o poco conosciute. Così ad esempio la natura dei reticoli - o «cerchie di amiche», come vengono definite - potrebbe essere esplorata analiticamente e prestarsi a qualche formalizzazione qualitativa, ma non è stata sottoposta a un'analisi sufficientemente articolata. Molti documenti di grande rilevanza storica sono semplicemente presentati con lunghe citazioni dall'originale, come una lettera di denuncia alla Centrale della Polizia Politica di Francoforte del 1936 su «una relazione di dipendenza sessuale (lesbica)» tra «la bionda Hedi», di 22-23 anni, «molto distinta» e la signora K., moglie divorziata di un membro delle SS, mentre anche solo l'analisi del linguaggio avrebbe offerto molti spunti interessanti. Proprio questo libro, presentandoci un bilancio degli studi nel settore, dimostra che è assolutamente urgente andare oltre l'intento di rompere il silenzio sulle «vittime dimenticate» e la constatazione che le lesbiche «nel migliore dei casi tacessero sulla loro relazione lesbica, nel peggiore la negassero». Il «non dire» rivela anche le contraddizioni nelle quali si dovettero dibattere le donne discriminate a causa delle loro scelte sessuali e politiche: i punti alti di questa raccolta sono quelli in cui tale complessa mescolanza viene svelata e restituita alla nostra memoria, con empatia per la forza delle donne del passato e pietas per le loro sofferenze, comprese quelle causate dai conflitti tra di loro.

http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20100711/pagina/12/pezzo/282305/

sabato 3 luglio 2010

R/esistenze lesbiche - La recensione di Patrizia Colosio

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R/esistenze lesbiche nell’Europa nazifascista
E’ uscita per Ombre Corte l’interessante raccolta di saggi a cura di Paola Guazzo

di Patrizia Colosio


Paola Guazzo, Ines Rieder, Vincenza Scuderi (A cura di)
R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista
Ombre corte
19 euro

Sono passati tre anni dalla pubblicazione di Fuori della norma . Storie lesbiche nell’Italia della prima metà del Novecento, a cura di Nerina Milletti e Luisa Passerini, una pubblicazione che ha rotto un silenzio pressoché totale inaugurando una storiografia lesbica che il presente volume intende rilanciare in connessione con “studi storici da tempo sviluppatisi in luoghi e contesti meno regressivi dei nostri” .

Questa l’intenzione espressa da Paola Guazzo nel proprio saggio Al “confino” della norma che poco oltre precisa: “Il confine non deve mai più divenire confino, né per noi né per le nostre storie.

Partendo dal gioco di parole presente nel titolo si snoda il filo della trattazione di quelle “esistenze” che al di là della piena consapevolezza politica si facevano” Resistenze” quando le espressioni del sé trasgredivano i limiti normativi e i canoni imposti alle donne dal fascismo ; una serie di testimonianze dimostra infatti che “l’antifascismo esistenziale trova profonda - e antropologica – cittadinanza proprio fra le donne”.

Persino gli spazi di irreggimentazione di massa o i luoghi dove le donne potevano praticare attività atletiche collettive furono luoghi di desiderio; e così non ci stupiamo di scoprire dalle autobiografie delle orvietine - le allieve dell’Accademia di educazione fisica femminile di Orvieto - e dal loro Bollettino, l’esistenza di una specie di “mascherata lesbica” tra le Dive e la Teppa che rimanda in modo neanche tanto velato alla rappresentazione butch/femme.

Paola Guazzo affronta poi la questione della cosiddetta “zona grigia” quelle forme cioè di complicità con il potere attuate da lesbiche nell’inferno dei lager. E proprio a questo tema è dedicato il saggio di Marie-Jo Bonnet che affronta l’immagine dell’omosessualità nel campo di concentramento femminile di Ravensbrück; la sua analisi prende le mosse dal testo francese Le Verfügbar aux Enfers di Germain Tillion pubblicato nel 2005 e messo in scena in teatro nel 2007; un’opera collettiva in forma di operetta scritta dalle prigioniere politiche francesi nel 1944, ma mai pubblicata prima.

In essa appaiono come protagoniste le juliot ossia le donne tedesche che per quanto internate come “asociali” si pongono in certo modo come collaborazioniste e così vengono descritte: da una parte come “il coro delle juliot, grasse, chic, con la messa in piega” , dall’altra appaiono riconoscibili per le “scarpe civili brillanti di lucido, taglio di capelli da ragazzo e cintura”. Si evidenzia una contrapposizione esistenziale all’interno dei lager tedeschi che permette di sviluppare un senso di appartenenza e di comunanza che porta a forma concrete di solidarietà e di mutuo soccorso indispensabili per la sopravvivenza. La stessa Germaine Tillion scrive a questo proposito: “Innanzitutto se sono sopravvissuta lo devo sicuramente al caso, poi alla collera, alla volontà di rivelare questi crimini, e infine a una coalizione dell’amicizia – perché avevo perso il desiderio viscerale di vivere.”

E se per le francesi la contrapposizione è con le tedesche, per le spagnole politiche internate nel periodo franchista diventa anche una contrapposizione con le detenute comuni, spesso prostitute; il processo identitario passa quindi anche attraverso il rifiuto di quelle pratiche erotiche, vedi il lesbismo, che avrebbero potuto in qualche modo intaccare quella disciplina del sé che avrebbe aperto la via alla “resa definitiva” al regime delle SS. E alle cosiddette “monache rosse” e alla loro visione delle relazioni nei lager nazisti e nelle prigioni franchiste è dedicato il contributo di Raquel Osborne .

La parte più consistente del libro e’ dedicata alla situazione in Germania dove sappiamo esisteva il paragrafo 175 che ufficialmente puniva solo l’omosessualità maschile, ma sappiamo che altre erano le forme di repressione e di coercizione dell’esistenza lesbica, mentre l’annessione dell’Austria, dove era in vigore un codice che perseguiva penalmente anche le lesbiche, portò a un’accentuazione del clima repressivo.

Per motivi di spazio riporto solo i titoli assai significativi dei diversi capitoli come stimolo a una successiva lettura :
Le lesbiche tedesche dall’Impero alla fine della Seconda guerra mondiale di Claudia Schopmann;
Situazione delle donne lesbiche sotto il nazismo, di Ilse Kokula;
Tra fuga e sogno di rinascita: scrittrici lesbiche in esilio negli anni Trenta di Vincenza Scuderi;
Tutto, ma non lesbiche: esempi di vita lesbica in Austria negli anni Trenta e Quaranta di Ines Rieder.

Concludendo riprendo alcuni passaggi dal saggio di Paola Guazzo come spunti per un’ulteriore ricerca:
la zona grigia ripresa nel dibattito femminista attraverso le parole di Vincenza Perilli riguardo alla tema dell’innocenza degli oppressi ossia quella “orginaria differenza grazie alla quale le donne risultano in virtù della loro condizione di oppresse più buone e più vittime di altre vittime”.
O ancora quell’operazione abbastanza subdola e assai diffusa per cui le storiche operano un ridimensionamento del lesbismo in quella che Guazzo definisce “riduzione amicale; è il caso delle relazioni fra le giovani ospiti dell’Asilo Mariuccia di Milano trattato da Annarita Buttafuoco dove l’uso a profusione dei “ti amo” non è ritenuto sufficiente a suffragare la diffusione e la significatività dell’amore tra donne.
Leggendo questi passi il ricordo torna agli anni del liceo quando “dovendo” leggere Saffo il professore si affannava, fortunatamente invano, per convincerci che non era come poteva apparire.

Ed è soprattutto perché scene di questo tipo non si ripetano che questo saggio è prezioso.

lunedì 28 giugno 2010

R/esistenze lesbiche, Catania luglio 2010

Sabato 3 luglio 2010
Cortile CGIL via Crociferi n. 40 - Catania

ore 18.00
Presentazione del libro
R/ESISTENZE LESBICHE NELL'EUROPA NAZIFASCISTA
a cura di Paola Guazzo, Ines RIeder, Vincenza Scuderi

Emma Baeri e Domenico Stimolo dialogano con le curatrici Paola Guazzo e Vincenza
Scuderi.
Contributi di Maria Teresa Aloisi, Gianni Famoso e Ciccio Giuffrida

Ore 20.30
Proiezione del documentario
"But I Was a Girl. The Story of Frieda Belinfante"
regia di Toni Boumans, Olanda 1999/2000

ore 22.00
SERATA IN CORTO
Fuoricampo Lesbian Group presenta una selezioni di film tratta da Some Prefer
Cake, festival di cinema lesbico. A cura di Luki Massa

organizzano: Ass.ne Antimafie "Rita Atria", Facoltà di Lingue e Letterature
straniere - Catania, Ass.ne Culturale Alan Lomax, Ass.ne Città Felice, Ass.ne
Nazionale Partigiani d'Italia - Catania.

martedì 22 giugno 2010

R/esistenze lesbiche - Intervista di Elena Romanello ( "Nuova Società" )

http://www.nuovasocieta.it/interviste/6402-resistenze-gay-sotto-il-nazifascismo.html

Solo negli ultimi anni si è cominciato a parlare delle altre vittime del nazismo e del fascismo oltre agli ebrei e agli oppositori del regime, gli appartenenti a religioni minoritarie, i malati cronici e gli omosessuali, privilegiando però la persecuzione contro gli uomini gay, quando anche le donne lesbiche vennero internate e uccise.

La casa editrice Ombre corte pubblica nella sua collana Documenta il saggio R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista, a cura di Paola Guazzo, già coautrice de Il movimento delle lesbiche in Italia, di Ines Rieder, ricercatrice storica, e di Vincenza Scuderi, ricercatrice di Lingua tedesca e traduzione presso la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Catania.

Il libro è frutto di un lavoro corale sulle poche fonti e testimonianze di cui si dispone ed è incentrato sulle esistenze e resistenze lesbiche nell'Europa dei nazifascismi, inclusa la Spagna franchista. Nuovasocietà ha sentito una delle autrici, Paola Guazzo, per discutere di quello che è un contributo per ora abbastanza unico nella storiografia italiana.

Si parla sempre, giustamente, delle persecuzioni naziste contro gli ebrei, ma poco delle altre persone che perseguitarono. Perché, secondo lei, riferendosi soprattutto agli omosessuali?

In verità da almeno una decina d'anni si è cominciata ad approfondire la ricerca sui numerosi gruppi internati e perseguitati dai nazisti: dai rom e sinti, agli "asociali", agli omosessuali. In Italia per esempio è uscito qualche anno fa Tanti olocausti di Claudio Vercelli (La Giuntina), che parla di questi gruppi, anche se non approfondisce la questione lesbica. Non direi quindi che ci sia solo silenzio attorno alla storia delle persecuzioni gay e lesbica; ci sono anche una serie di commemorazioni per il giorno della memoria e in altre date, nel nostro paese. C'è semmai, da parte della cultura mainstream, un "girare la testa" rispetto alla storia delle cosiddette devianze e della loro persecuzione, ma questo è un problema che riguarda lo stato di arretratezza culturale del nostro paese nell'epoca del berlusconismo, e che riguarda, a vari livelli, anche la storia delle donne e dei migranti.

Che tipo di informazione si potrebbe fare per contrastare il revisionismo e il negazionismo?

Non sono informata sulla specificità di un revisionismo o negazionismo riguardanti la questione lesbica, tuttavia senz'altro esisterà, dato che ciò che la realtà supera spesso la nostra peggiore immaginazione. Tuttavia la storia delle lesbiche esce da un silenzio che non è solo agito da categorie aberranti come queste, ma anche da chi, molto più letto ed ascoltato, ha scritto la storia degli oppressi e delle minoranze articolandola solo su paradigmi maschili, eterosessuali e bianchi. Cosa possiamo fare? Lavorare, lavorare, lavorare, curando libri come quello a cui umilmente Ines Rieder, Enza Scuderi ed io ci siamo dedicate per un periodo della nostra vita.

Come è arrivata ad occuparsi delle resistenze omosessuali al nazismo e come si è documentata?

Mi sono sempre interessata alla storia dei nazifascismi e a quella del movimento lesbico, del quale faccio parte, quindi direi che questo interesse è nato con me. Esiste una documentazione ormai abbastanza ricca, a livello europeo e transatlantico, poi qualcosa lo fa anche il leggere voracemente documenti e testi femminili alla ricerca di tracce lesbiche e il "fiuto" della ricercatrice. Voglio in particolare ringraziare, parlando di Biblioteche di donne, Roberta Ricci del Centro di Documentazione delle Donne di Bologna.

C'è qualche Paese straniero dove se ne parla di più?

Sicuramente nella maggior parte dei paesi europei, specie in Germania, Francia, Olanda, Austria, ma anche un paese cattolico latino come la Spagna produce più di noi a livello di teoria e storia lesbica. D'altronde in Italia non si pone solo il problema della carenza di storia lesbica , mi pare, oggi. Vivere in un paese familista, anti-femminista e ipocrita, dove i diritti delle donne e delle lesbiche sono continuamente messi in discussione ha un suo peso, ma lo ha – per fortuna – anche la nostra r/esistenza. Vivo e lavoro per il giorno della nostra riemersione e della nostra vittoria contro la barbarie berlusconiana, post-fascista e vaticana. Possiamo farcela. Anche il nostro libro lesbico europeo, partendo da questo paese, sembrava all'inizio un'impresa quasi irrealizzabile, ma adesso è qui, ad aiutarci a fare blocco contro la zona nera che ci assedia.

giovedì 20 maggio 2010

Presentazione R/esistenze lesbiche all'Istituto Parri, Bologna

Giovedì 27 maggio 2010
ore 18.00
Istituto Storico Parri Emilia Romagna
Via Sant'Isaia, 18
Bologna

LUO - Libera Università Omosessuale
in collaborazione con Istituto Storico Parri Emilia-Romagna, ArciLesbica Bologna e Anpi Pratello
presenta:

“R/esistenze lesbiche nell’Europa nazifascista”
a cura di Paola Guazzo, Ines Rieder, Vincenza Scuderi
Ombre Corte (2010)

Dialogano con le curatrici: Giancarla Codrignani, vicepresidente Istituto Storico Parri Emilia-Romagna e Luca Alessandrini, direttore Istituto Storico Parri Emilia-Romagna.

lunedì 17 maggio 2010

R/esistenze lesbiche a "L'altro martedì" di Radio Popolare

L'Altro Martedì la trasmissione di cultura ed informazione omosessuale di Radio Popolare
condotta da Eleonora Dall'Ovo ed Emiliano Placchi
Martedì 18/05/10 dalle ore 22.35 alle ore 23.30

Nel corso del programma: R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista. Edizioni Ombre Corte. Intervista alla curatrice Paola Guazzo.


Per ascoltare via web grazie al podcast: www.radiopopolare.it

R/esistenze lesbiche - recensione di Marina La Farina

"Casablanca", maggio 2010

Recensione
di Marina La Farina

La parola Resistenza evoca immediatamente il combattere.E le lesbiche sono combattenti: "chiamiamo combattere il tempo che consacriamo alla realtà (…) e anche combattere la sensazione che consiste nel riconoscere le proprie emozioni" (Nicole Brossard, La lettera aerea, Estro, Firenze 1990). Abituate a resistere, abituate a combattere, perché per le lesbiche la stessa esistenza può essere considerata una forma di resistenza (all'eterosessualità obbligatoria, alla cancellazione di sé e delle proprie passioni), ancor più in periodi di forzata normalizzazione di tutte le donne come furono quelli dei fascismi europei. Su questi cardini poggia il bel volume dal titolo citato in apertura, R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista (a cura di Paola Guazzo, Ines Rieder e Vincenza Scuderi, Ombre Corte, Verona 2010). Si tratta di una serie di saggi di studiose del lesbismo italiane e straniere che colmano una delle tante lacune della ricerca storica europea - quella ufficiale "fortemente condizionata da istanze maschili-bianche" come scrivono le curatrici, dove "le reti accademiche non sembrano certo distinguersi nell'investire sensibilità ed energie sulla storia dei soggetti 'altri' quali le lesbiche sono indubbiamente" - portando alla luce biografie e vicende di un corpo - corpo lesbico - e del sesso che lo abita.Un lungo elenco di nomi, fatti, luoghi, relazioni, legami personali e politici che le autrici - oltre le curatrici, le studiose Claudia Schoppmann, Ilse Kokula, Marie Jo-Bonnet, Raquel Osborne - ci offrono disegnando un quadro della Resistenza esplicitamente politica di lesbiche che combatterono con coraggio, consapevolezza e determinazione le dittature di Hitler, Mussolini e Franco; fra queste, oltre alle già note Claude Cahun e Frieda Belinfante, anche Mopsa Sternheim, alla quale è dedicato un saggio monografico di Ines Rieder.Oltre alle protagoniste sopracitate che aderirono a un antifascismo organizzato, si segnala nel libro l'esistenza di altre forme di resistenza, meno ufficiale, un "antifascismo esistenziale" come rifiuto di vivere in conformità con le regole imposte dal regime, frutto di un dissenso che ha le sue radici nell'espressione stessa del desiderio di una donna per un'altra, la cui intensità "assomiglia a una forza per mezzo della quale superiamo la misura ordinaria, la norma" (N. Brossard, op. cit.). Desiderio che si espresse anche nei campi di concentramento nazisti e nelle carceri franchiste di cui rimane esile traccia, sparizione determinata dalla rimozione che ne è stata fatta.Un approfondimento culturale e politico, questa raccolta di saggi, che nasce fuori dall'ambito accademico ma si nutre di quel desiderio e di quella forza che appunto supera la misura ordinaria, dando alle ricerche in oggetto un surplus di valore anche rispetto ad analoghe ricostruzioni pubblicate all'estero dove grazie ai gender studies la ricerca è sostenuta finanziariamente.E mentre si tenta ancora una volta di "pacificare" il passato, scambiando visite di cortesia con Casa Pound, la pubblicazione di questo testo, affermazione del desiderio di fare una ricerca su di noi, diventa una risposta al lassismo culturale: le radici di persecuzione e di morte non possono trovare "ragioni".