il libro
In un contesto in cui la ricerca storica europea appare ancora fortemente condizionata da istanze maschili-bianche e le reti accademiche non sembrano certo distinguersi nell'investire sensibilità ed energie sulla storia dei soggetti "altri", quali le lesbiche sono indubbiamente, i lavori qui presentati assumono sicuramente una rilevanza particolare nel panorama storiografico.
Frutto di un lavoro corale sulle poche fonti e testimonianze di cui ancora si dispone, il volume si avvale dei contributi di alcune note storiche del lesbismo che si occupano di esistenze e resistenze lesbiche nell'Europa dei nazifascismi, includendo anche il franchismo spagnolo. La barra che si è scelto di apporre su "r/esistenze" sta infatti a indicare come per le lesbiche la stessa esistenza possa essere considerata una forma di resistenza (all'eterosessualità obbligatoria, alla cancellazione di sé e delle proprie passioni), ancor più in periodi di forzata "normalizzazione" di tutte le donne come furono quelli dei fascismi europei del Novecento. Ma la "resistenza" che trova spazio in questo libro è anche quella di lesbiche politicamente consapevoli, che fronteggiarono e combatterono con determinazione e coraggio le dittature di Mussolini, di Hitler e di Franco.
Nel volume vengono inoltre affrontate anche le questioni, spesso rimosse, relative alla "zona grigia" della sopravvivenza durante l'internamento e ai rapporti fra "asociali" e "politiche" nei Lager.

le curatrici
Paola Guazzo ha recentemente pubblicato il romanzo Un mito, a suo modo e curato con altre Il movimento delle lesbiche in Italia.
Ines Rieder dagli anni Novanta si occupa principalmente di ricerca storica. Suoi lavori sono stati pubblicati in diverse riviste internazionali.
Vincenza Scuderi è ricercatrice di Lingua tedesca e traduzione presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell'Università di Catania.



giovedì 22 luglio 2010

R/esistenze lesbiche - La recensione di Agorà e TraMe

Ecco la recensione di Agorà, blog gay di Verona:
http://agoralgbtq.blogspot.com/2010/07/resistenze-lesbiche-nelleuropa.html

Inoltre segnaliamo un rimando al testo nel blog di TraMe
Centro di studi interdisciplinare su memorie e traumi culturali nell'ambito dell'Università di Bologna:
http://centrotrame.wordpress.com/2010/06/26/giornata-dellorgoglio-gay-e-riscritture-della-memoria/

martedì 13 luglio 2010

R/esistenze lesbiche- La recensione di Luisa Passerini su "Il manifesto"

da "Il Manifesto", 11 luglio 2010

Pratiche di desistenza per vite messe all'indice
La persecuzione delle lesbiche durante il nazismo
di Luisa Passerini

Pregi di questo libro sono la dimensione sovranazionale - i casi trattati si riferiscono all'Austria, alla Germania, alla Spagna e all'Italia - e la documentazione di molte vite di donne, spesso nei campi di concentramento, attraverso fonti di varia natura. Vengono infatti presi in considerazione documenti da atti processuali, memorie autobiografiche, testi giuridici, codici, testimonianze orali, testi letterari e teatrali. Giustamente lamentano le curatrici che molti archivi, come quelli ungheresi, sono ancora inaccessibili, il che limita fortemente la ricerca storica. Nello stesso tempo, non è soltanto quest'ultima che viene limitata, ma anche l'universo della commemorazione, che sta assumendo una dimensione sempre più fortemente europea, nel quale però le figure delle lesbiche non sono ancora presenti in maniera adeguata.
La barra che compare nel titolo indica che per le lesbiche non è possibile semplicemente esistere, che le loro scelte sessuali ed esistenziali implicano sempre anche qualche forma di resistenza, in particolare per quanto riguarda la vita in ambiti totalitari. Il concetto di resistenza assume in tal modo una dimensione quotidiana e culturale, che amplia la concezione della politica e la spinge a confondere i confini tra pubblico e privato. Il tema del rapporto tra esistenze e resistenze è esaminato in particolare nel saggio di Paola Guazzo, che usa termini significativi come «'modi' di esistenza delle lesbiche italiane durante il fascismo», «'sopravvivenza' associativa femminile» e «pratiche di complicità» verso il potere nazifascista, altrettante espressioni che indicano la complessità delle forme di vita nella situazione dei soggetti di regimi totalitari.
Su questa linea, gli aspetti più interessanti della raccolta sono quelli in cui la contestualizzazione storica del concetto di lesbica viene problematizzata e complicata. Così Vincenza Scuderi sottolinea che non fu il lesbismo la causa prima dell'esilio e della persecuzione di molte donne da parte del regime nazista, ma «piuttosto una commistione assai più esplosiva fra lesbismo, impegno politico e, talvolta, origine ebraica». Parecchie delle donne considerate nel libro infatti erano ebree e in quanto tali oggetto di molteplici forme di discriminazione. Scuderi indica quindi che sembra emergere non tanto un soggetto lesbico individuabile univocamente come tale, quanto piuttosto un atteggiamento queer, dove «la scelta di identità sembra situarsi in un crinale intermedio, realizzandosi in diverse forme e possibilità quasi contemporanee».
Un contributo di rilievo in una direzione simile è il saggio di Marie-Jo Bonnet, che decostruisce acutamente la connotazione denigratoria di julot nel contesto del campo di concentramento di Ravensbrück. Il termine sembra a tutta prima indicare le «pappone» tedesche, ma in conclusione della sua analisi l'autrice può avanzare l'ipotesi che fosse l'intero campo della sessualità tra donne a venire accomunato sotto quella definizione, associando l'omosessualità e la prostituzione. Tuttavia Bonnet si domanda anche se la figura della julot non sia una specie di cortina fumogena dietro la quale potessero essere vissuti sentimenti d'amore. Un intrico di passioni, calunnie, odi emerge infatti in parecchi saggi, svelando casi di lesbicofobia, soprattutto da parte delle recluse politiche; è questo mondo dell'intersoggettività sofferente e conflittuale in situazioni estreme che dovrà essere ulteriormente studiato e compreso in prospettiva storica.
Un ulteriore punto di interesse è quello in cui la dimensione comparativa tra i diversi paesi viene tematizzata, come accade direttamente soltanto nel saggio di Raquel Osborne, che addita le molteplici somiglianze fra due istituzioni totali: il mondo dei campi di concentramento nazisti per donne e le carceri femminili spagnole del primo periodo franchista. Osborne prende avvio da un'impostazione foucaultiana, nel senso di una concettualizzazione della micropolitica e della penetrazione nel tessuto sociale del dispositivo della sessualità, individuando nell'autorepressione sessuale una linea di difesa fondamentale. Ciò appare di particolare rilevanza al fine di rompere le barriere tra le istituzioni separate e la società nel suo complesso, in special modo, ma non soltanto, durante i periodi di repressione totalitaria. In una direzione simile vanno le ripetute sottolineature, nel corso del libro, della similarità del destino tra donne che compivano scelte lesbiche e donne di cui non si conoscevano le scelte sessuali o che mettevano in atto scelte eteronormative. Può essere intesa in questo senso per esempio l'osservazione di Vincenza Scuderi secondo cui il grande successo del film Mädchen in Uniform (Ragazze in uniforme) del 1931 era stato decretato da un pubblico amplissimo e non esclusivamente omosessuale.
Dalle pagine di questo libro emerge una folla di donne note e poco note, da Margarete Buber-Neumann, la scrittrice comunista amica di Milena Jesenská, che ha testimoniato nel libro dedicato a quest'ultima sulle relazioni d'amore tra le donne nel campo di Ravensbrück, all'attrice di origine tedesca Dorothea Neff che salvò la vita di una costumista ebrea che rischiava la deportazione, nascondendola nella propria casa a Vienna. Tuttavia, in molti saggi l'intento documentario sopraffà ancora la potenzialità analitica, privilegiando un approccio storico descrittivo che punta soprattutto sulla rivelazione di storie finora inedite o poco conosciute. Così ad esempio la natura dei reticoli - o «cerchie di amiche», come vengono definite - potrebbe essere esplorata analiticamente e prestarsi a qualche formalizzazione qualitativa, ma non è stata sottoposta a un'analisi sufficientemente articolata. Molti documenti di grande rilevanza storica sono semplicemente presentati con lunghe citazioni dall'originale, come una lettera di denuncia alla Centrale della Polizia Politica di Francoforte del 1936 su «una relazione di dipendenza sessuale (lesbica)» tra «la bionda Hedi», di 22-23 anni, «molto distinta» e la signora K., moglie divorziata di un membro delle SS, mentre anche solo l'analisi del linguaggio avrebbe offerto molti spunti interessanti. Proprio questo libro, presentandoci un bilancio degli studi nel settore, dimostra che è assolutamente urgente andare oltre l'intento di rompere il silenzio sulle «vittime dimenticate» e la constatazione che le lesbiche «nel migliore dei casi tacessero sulla loro relazione lesbica, nel peggiore la negassero». Il «non dire» rivela anche le contraddizioni nelle quali si dovettero dibattere le donne discriminate a causa delle loro scelte sessuali e politiche: i punti alti di questa raccolta sono quelli in cui tale complessa mescolanza viene svelata e restituita alla nostra memoria, con empatia per la forza delle donne del passato e pietas per le loro sofferenze, comprese quelle causate dai conflitti tra di loro.

http://www.ilmanifesto.it/il-manifesto/in-edicola/numero/20100711/pagina/12/pezzo/282305/

sabato 3 luglio 2010

R/esistenze lesbiche - La recensione di Patrizia Colosio

http://www.listalesbica.it/content/index.php?module=pagemaster&PAGE_user_op=view_page&PAGE_id=811

R/esistenze lesbiche nell’Europa nazifascista
E’ uscita per Ombre Corte l’interessante raccolta di saggi a cura di Paola Guazzo

di Patrizia Colosio


Paola Guazzo, Ines Rieder, Vincenza Scuderi (A cura di)
R/esistenze lesbiche nell'Europa nazifascista
Ombre corte
19 euro

Sono passati tre anni dalla pubblicazione di Fuori della norma . Storie lesbiche nell’Italia della prima metà del Novecento, a cura di Nerina Milletti e Luisa Passerini, una pubblicazione che ha rotto un silenzio pressoché totale inaugurando una storiografia lesbica che il presente volume intende rilanciare in connessione con “studi storici da tempo sviluppatisi in luoghi e contesti meno regressivi dei nostri” .

Questa l’intenzione espressa da Paola Guazzo nel proprio saggio Al “confino” della norma che poco oltre precisa: “Il confine non deve mai più divenire confino, né per noi né per le nostre storie.

Partendo dal gioco di parole presente nel titolo si snoda il filo della trattazione di quelle “esistenze” che al di là della piena consapevolezza politica si facevano” Resistenze” quando le espressioni del sé trasgredivano i limiti normativi e i canoni imposti alle donne dal fascismo ; una serie di testimonianze dimostra infatti che “l’antifascismo esistenziale trova profonda - e antropologica – cittadinanza proprio fra le donne”.

Persino gli spazi di irreggimentazione di massa o i luoghi dove le donne potevano praticare attività atletiche collettive furono luoghi di desiderio; e così non ci stupiamo di scoprire dalle autobiografie delle orvietine - le allieve dell’Accademia di educazione fisica femminile di Orvieto - e dal loro Bollettino, l’esistenza di una specie di “mascherata lesbica” tra le Dive e la Teppa che rimanda in modo neanche tanto velato alla rappresentazione butch/femme.

Paola Guazzo affronta poi la questione della cosiddetta “zona grigia” quelle forme cioè di complicità con il potere attuate da lesbiche nell’inferno dei lager. E proprio a questo tema è dedicato il saggio di Marie-Jo Bonnet che affronta l’immagine dell’omosessualità nel campo di concentramento femminile di Ravensbrück; la sua analisi prende le mosse dal testo francese Le Verfügbar aux Enfers di Germain Tillion pubblicato nel 2005 e messo in scena in teatro nel 2007; un’opera collettiva in forma di operetta scritta dalle prigioniere politiche francesi nel 1944, ma mai pubblicata prima.

In essa appaiono come protagoniste le juliot ossia le donne tedesche che per quanto internate come “asociali” si pongono in certo modo come collaborazioniste e così vengono descritte: da una parte come “il coro delle juliot, grasse, chic, con la messa in piega” , dall’altra appaiono riconoscibili per le “scarpe civili brillanti di lucido, taglio di capelli da ragazzo e cintura”. Si evidenzia una contrapposizione esistenziale all’interno dei lager tedeschi che permette di sviluppare un senso di appartenenza e di comunanza che porta a forma concrete di solidarietà e di mutuo soccorso indispensabili per la sopravvivenza. La stessa Germaine Tillion scrive a questo proposito: “Innanzitutto se sono sopravvissuta lo devo sicuramente al caso, poi alla collera, alla volontà di rivelare questi crimini, e infine a una coalizione dell’amicizia – perché avevo perso il desiderio viscerale di vivere.”

E se per le francesi la contrapposizione è con le tedesche, per le spagnole politiche internate nel periodo franchista diventa anche una contrapposizione con le detenute comuni, spesso prostitute; il processo identitario passa quindi anche attraverso il rifiuto di quelle pratiche erotiche, vedi il lesbismo, che avrebbero potuto in qualche modo intaccare quella disciplina del sé che avrebbe aperto la via alla “resa definitiva” al regime delle SS. E alle cosiddette “monache rosse” e alla loro visione delle relazioni nei lager nazisti e nelle prigioni franchiste è dedicato il contributo di Raquel Osborne .

La parte più consistente del libro e’ dedicata alla situazione in Germania dove sappiamo esisteva il paragrafo 175 che ufficialmente puniva solo l’omosessualità maschile, ma sappiamo che altre erano le forme di repressione e di coercizione dell’esistenza lesbica, mentre l’annessione dell’Austria, dove era in vigore un codice che perseguiva penalmente anche le lesbiche, portò a un’accentuazione del clima repressivo.

Per motivi di spazio riporto solo i titoli assai significativi dei diversi capitoli come stimolo a una successiva lettura :
Le lesbiche tedesche dall’Impero alla fine della Seconda guerra mondiale di Claudia Schopmann;
Situazione delle donne lesbiche sotto il nazismo, di Ilse Kokula;
Tra fuga e sogno di rinascita: scrittrici lesbiche in esilio negli anni Trenta di Vincenza Scuderi;
Tutto, ma non lesbiche: esempi di vita lesbica in Austria negli anni Trenta e Quaranta di Ines Rieder.

Concludendo riprendo alcuni passaggi dal saggio di Paola Guazzo come spunti per un’ulteriore ricerca:
la zona grigia ripresa nel dibattito femminista attraverso le parole di Vincenza Perilli riguardo alla tema dell’innocenza degli oppressi ossia quella “orginaria differenza grazie alla quale le donne risultano in virtù della loro condizione di oppresse più buone e più vittime di altre vittime”.
O ancora quell’operazione abbastanza subdola e assai diffusa per cui le storiche operano un ridimensionamento del lesbismo in quella che Guazzo definisce “riduzione amicale; è il caso delle relazioni fra le giovani ospiti dell’Asilo Mariuccia di Milano trattato da Annarita Buttafuoco dove l’uso a profusione dei “ti amo” non è ritenuto sufficiente a suffragare la diffusione e la significatività dell’amore tra donne.
Leggendo questi passi il ricordo torna agli anni del liceo quando “dovendo” leggere Saffo il professore si affannava, fortunatamente invano, per convincerci che non era come poteva apparire.

Ed è soprattutto perché scene di questo tipo non si ripetano che questo saggio è prezioso.